La protesi al ginocchio è utilizzata in alcuni casi clinici gravi e può portare molto giovamento ai pazienti colpiti da osteoartrosi o artrite reumatoide. Si tratta di un’operazione chirurgica piuttosto invasiva che deve essere decisa dal chirurgo stesso solo se non vi sono altre soluzioni possibili.
Operare questa delicata area del corpo, fondamentale per il movimento e la demabulazione, non è infatti facile e la durata delle protesi non è comunque eterna. Si renderà necessario un ulteriore intervento sostitutivo (a casua dell’usura), a distanza di 10 o 20 anni, a seconda del tipo di protesi istallata.
Il ginocchio dell’essere umano è composto essenzialmente da tre ossa: femore, tibia e rotula, collegate insieme da fasci di muscoli e nervi. La complessa struttura che li connette assicura la possiilità di piegare la parte inferiore della gamba e di sostenere al contempo il peso del corpo.
Fra le ossa è presente un materiale che prende il nome di cartilagine, la quale ha il compito di fare da isolante, evitando che queste ultime sfreghino l’una sull’altra. Quando questo strato protettivo si consuma (per l’età o a causa di alcune patologie), le estremità delle ossa entrano in contatto deteriorandosi.
Il dolore all’articolazione è causato proprio da questo deterioramento costante e dalla mancanza di protezione offerta dalla cartilagine. Esistono soluzioni poco invasive che, a seconda della gravità dei casi, possono risultare anche molto efficaci, ma se il danno è grave si rende necessario intervenire con una protesi al ginocchio.
Se tutte le terapie non invasive risultano inefficienti, lo specialistà può consigliare al paziente di effetture un intervento per l’inserimento di una protesi al ginocchio. Ne esistono di due tipologie: protesi parziale o totale. La scelta dell’una o dell’altra è determinata dal chiurirgo stesso in base ad alcuni parametri:
Tendenzialmente in soggetti giovani o giovani adulti, si tende a preferire interventi non invasivi, poiché le protesi si deteriorano nel giro di 15-20 anni per le totali e 10-15 per le parziali (rendendo quindi necessario in futuro un ulteriore intervento).
In pazienti che hanno superato i 50 o 60 anni di età, il chirurgo è più propenso all’intervento visti i benefici che può portare concretamente a mobilità e riduzione del dolore.